Il pianeta non segue la moda

Siamo bombardati costantemente dall’industria della moda: pubblicità, canzoni che citano marchi del lusso, idoli del momento che sfilano nelle varie occasioni come se fossero modelli.  Negli ultimi vent’anni il settore della moda è cresciuto in modo sbalorditivo, ogni persona compra circa il 60% in più di vestiti.

Il settore della moda, in particolare quello dell’abbigliamento, è la seconda industria che inquina di più dopo quella petrolifera. Il settore tessile emette ogni anno 1,2 miliardi di tonnellate di CO2, più della somma dei trasporti aerei e marittimi. Per produrre un chilo di tessuto le emissioni di gas serra  sono addirittura 23.

Questi sono solo alcuni dei dati, che mostrano quanto sia distruttivo per il pianeta acquistare in modo non etico. I danni però non finiscono con la produzione dei vari capi. La moda è diventata “usa e getta”!

I nostri nonni avevano pochi capi d’abbigliamento, il vestito della domenica era unico, di buona fattura e lo si teneva per anni. Oggi compriamo vestiti che cambiamo dopo pochi utilizzi, per il semplice gusto di apparire ogni volta rinnovati.

Sfruttamento di risorse e persone

Si chiama Fast fashion, è il nuovo modo di vivere l’abbigliamento. L’industria della moda punta a produrre sempre più velocemente i capi d’abbigliamento, creando addirittura una collezione a settimana. Per potersi permettere questo, la soluzione è utilizzare materiali scadenti, strumenti e agenti inquinanti, esportare la produzione nei paesi poveri e sfruttare il lavoro minorile.

Il risultato è capi d’abbigliamento a basso costo di scarsa qualità che incentivano all’acquisto smisurato incondizionato e inconsapevole.

I problemi della nuova industria tessile non sono legati solamente alla salvaguardia dell’ambiente, ma anche al benessere e al rispetto dei lavoratori.

Il vero valore per essere alla moda

In Italia si parla di otto ore al giorno come apprendisti sottopagati in fabbrica, contratti a chiamata senza contributi e reperibilità continua, contratti a progetto privi di stabilità e garanzie, in alcuni casi le situazioni lavorative sono ancora peggiori. Se a voi già tutto questo sembra assurdo, non potete non prendere in considerazione lo sfruttamento che comporta l’industria tessile. I paesi più poveri e sottosviluppati sono quelli che pagano i vezzi degli occidentali. Nel mondo 150 milioni di bambini, a partire dall’età di tre anni sono costretti a lavorare con ritmi estenuanti, senza orario e con una paga da fame. Nei paesi occidentali a questa età alcuni genitori scrupolosi, non vedono pronti i propri figli neanche per accedere all’asilo. Oltre che rubare l’infanzia, il diritto di costruirsi un futuro e poter vivere felici, a 74 milioni di bambini viene attribuito un lavoro ad alto rischio a contatto con agenti e macchinari pericolosi.

Bangladesh, Cina, Vietnam, Indonesia, Messico e Cambogia sono i paesi maggiormente sfruttati, la colpa purtroppo non è solo e sempre da attribuirsi ai colossi della moda fast fashion, in molti casi anche ai grandi marchi del lusso.

Come per l’inquinamento, il vero cambiamento parte da ognuno di noi. Nel nostro piccolo tutti possiamo fare qualcosa per fare in modo che la situazione cambi. Comprare meno, riciclare e acquistare consapevolmente sono i primi passi che tutti possiamo fare per i diritti di tutti i lavoratori del pianeta, per il futuro di milioni di bambini e per il pianeta stesso.

Published On: 10 Gennaio 2020Categories: Costume&Società, In evidenzaViews: 6